I detti romaneschi
Ogni regione o città ha i suoi detti e modi di dire, ma quelli de Roma so’ forse i più conosciuti. Molti romani li utilizzano ma il significato vero non è spesso conosciuto.
” Stai a guardà er capello” non c’entra niente con il barbiere e tu sai chi è ” er fijo dell’oca bianca”?
Quanno te tocca te tocca. E’ uno modo per dire che se tocca a te non ti devi lamentare e farlo senza fiatare.
E’ un invito a non arrabbiarsi su tutto: tanto se ti arrabbi per qualcosa che poi dovrai risolvere, fai “du fatiche” perché dovrai comunque calmarti. Tanto vale non prendersela!
E’ un modo per dire che, in situazioni estreme, anche gli esseri insignificanti fanno la voce grossa
Quando si entra in una stanza e non si chiude la porta.
Il riferimento al Colosseo è dovuto alle centinaia di finestre tipiche del monumento, senza alcun tipo di porta o finestra.
Letteralmente significa “ancora?”, come ad indicare qualcuno duro di comprendonio a cui bisogna spiegare più volta la stessa cosa.
Significa avere fretta. Oltra alla traduzione latina di “prescia” che si può intendere come “premere”, “fare pressione”, l’uso popolare è dovuto alla Prescia, una sostanza urticante che si metteva sotto la coda dei cavalli durante alcuni spettacoli del Carnevale Romanesco.
Da qui la variante più volgare “avecce la prescia ar c***o!”
La frase completa è “In tera de ciechi, beato chi c’ha n’occhio” per esortare chi si trova in una situazione difficile ad apprezzare di più quello che ha.
Tuttavia, l’accezione può essere anche sarcasticamente negativa nella sua forma contratta: ad esempio, rivolgendosi ad un ultra ottantenne e incoraggiandolo sostenendo che l’Italia può vincere i mondiali fra 4 anni, la frase “beato chi c’ha ‘n occhio” significa “beato chi ci arriva”
L’espressione si utilizza quando, con motivo di orgoglio, si è compiuta un’impresa difficile.
La cecagna è un tipo di sonnolenza che arriva di colpo. A differenza dell’abbiocco o della pennichella che arrivano in maniera più consapevole, la cecagna è improvvisa, facendoti cadere in un buio “cieco”.
Il significato è abbastanza intuibile: cercare scrupolosamente qualcosa. Tuttavia, è inteso anche per indicare chi finisce sempre nei guai: ” te le vaia cercà cor lanternino”.
Storicamente, si pensa che sia utilizzato proprio il termine “lanternino” in riferimento al filosofo Diogene che, secondo chiacchiericci popolari, aveva una lanterna accesa anche di giorno per “cercare l’uomo”.
Fare una cosa inutile.
Il nome Maria, a Roma, è molto comune e, ad esempio, se qualcuno vi chiede di andare a cercare un bar specifico in pieno centro senza indicare la zona, il nome o l’indirizzo, potresti rispondere: ” e che annamo a cercà Maria pe’ Roma?”.
Alcuni, invece, fanno risalire questo detto alla costruzione nel corso del medio evo della Chiesa Santa Maria in Grottapinta al cui interno era presenta un’icona raffigurante la Madonna della Divina Provvidenza.
Questa chiesa si trovava in un vicolo (che tutt’ora esiste) con oltre 2000 anni di storia: il Passetto del Biscione, un anfratto di Roma sconosciuto anche a moltissimi romani.
L’espressione “Cercà Maria pe’ Roma” si riferirebbe proprio alla difficoltà di trovare a Roma
quell’icona di Maria per indicare una situazione molto difficile o quasi impossibile!
La traduzione è abbastanza letteraria: se ci pensi troppo rischi di rimanere senza niente.
Con questa suggestiva immagine, si descrive una situazione di disagio.
In particolare, ci si riferisce a qualcuno o qualcosa che improvvisamente vi mette nei guai, come ad esempio perdere il lavoro che vi costringerebbe a dare fondo a tutte le vostre risorse per pagare le spese, lasciandovi “Co’ ‘na scarpa e ‘na ciavatta!”
In questo modo si vuole descrivere una situazione perfetta, proprio come il formaggio grattugiato sulla pasta!
In significato di questo bucolico riferimento e un consiglio a non smettere di crederci mai.
Con questo articolato modo di dire, si indica qualcuno in grado di individuare negli altri i difetti, senza vedere i propri
La solita ruotine è stancante!
Quando si vuole indicare un grippo di persone non proprio simpatiche.
La rogna è una malattia che deriva dalla scarsa igiene ed indicare un gruppo di persone il cui più pulito “nun se lava” lascia intendere che gli altri sono anche peggio.
Originariamente per indicare qualcosa di antiquato, vecchio e fuori moda, si utilizzavano i termini “anticaja” e ” petrella” ma negli anni più recenti, sta emergendo questa nuova frase.
Con questa espressione si vuole indicare qualcuno che pensa di avere più privilegi.
Immaginate una vacanza con amici, in cui c’è sempre qualcuno che non fa nulla per gli altri, come ad esempio fare la spesa, pulire ecc.
Per esortarlo ironicamente a fare qualcosa, potete dirgli: “ma che sei er fijo dell’oca bianca?”
Con questa frase si indica un affare poco conveniente o senza alcun tipo di guadagno.
Moltissimi detti romani arrivano a noi soprattutto dai secoli 700′-800′ in cui la contrapposizione tra il Papa e il popolo era molto forte.
Spesso viene quindi citato e questo detto romanesco ne è l’esempio più evidente.
Con questa frase si vuole intendere che la vita va avanti: la morte del Papa non significa che la Chiesa smette di esistere perché tanto se ne elegge un altro.
Una situazione tipica è quando si viene lasciati dal partner: “nun te preoccupà, tanto morto ‘n Papa se ne fa n’artro!”
Quando si vuole indicare una situazione in cui non c’è più nulla da fare.
Con queste 2 parole si esorta qualcuno a fare qualcosa di complicato, rivolgendosi a lui quasi con un senso di sfida.
Un laconico commento per dire che anche le cose più belle durano poco
Se il Papa è spesso citato in forma non troppo benevola, questa affermazione ne riconosce un aspetto positivo: quando parla il Papa è chiaro, schietto e preciso.
Il suo utilizzo è indicato quando si vuole parlare con onestà e senza giri di parole.
In origine questa parola era inserita in una frase per indicare un assembramento di bambini: “che è sta’ pipinara?”.
Il termine deriverebbe da Pipino, un antico modo romanesco per indicare i pidocchi (da qui il collegamento ai soli bambini).
Tuttavia, al giorno d’oggi, questa espressione è utilizzata più genericamente per indicare un gruppo di persone.
In questo caso si utilizza la metafora del cibo per indicare che, se una cosa non ti uccide, allora va bene comunque.
Anche in questo caso viene utilizzata una metafora con il cibo: se una persona si lamenta sempre oppure parla in continuazione, con ” Sei ‘na pila de facioli” si intende ricordare la bollitura dei fagioli con il sugo che, una volta ristretto, iniza a ” borbottare”.
E’ un modo per indicare che 2 cose apparentemente diverse, sono in realtà la stessa cosa.
Il termine zuppa, infatti, deriva da “suppa” un termine della lingua Gotica con cui si indicava proprio una fetta di pane bagnata.
Quando qualcuno porta sfiga.
Il detto è molto comune non solo a Roma.
L’origine deriva dal fatto che, quando ancora non esistevano gli orologi, le campane delle Chiese indicavano sia il tempo che scorre, sia l’eventuale attacco di un nemico.
L’esortazione “sta ‘n campana” indica dunque ” stai attento”.
Guardare il capello” equivale a guardare il dettaglio, soffermarsi su una piccolezza e i romani sono soliti dirlo a chi fa il puntiglioso, a chi si impunta su una cosa piccola, trascurabile.
Il termine, però, non c’entra nulla con i capelli.
Questo modo di dire nasce nelle osterie, tra il 1500 e il 1600.
I romani in quegli anni erano soliti riunirsi in osteria a bere vino.
L’oste lo serviva in recipienti di terracotta o di metallo che non davano modo di vedere ai commensali quanto vino, effettivamente, fosse stato versato. Da qui, spesso, nascevano accuse, risse e si finiva puntualmente a botte.
Così, nel 1588, Papa Sisto V, per mettere fine ai tafferugli, sostituì i recipienti di terracotta e metallo con delle caraffe di vetro, trasparenti, che potessero mostrare la quantità di vino versato.
Non solo: i recipienti in vetro furono classificati in base alla loro misura e così nacquero il Tubo (1 litro), la Foglietta (1/2 litro), il Quartino (1/4 litro), il Chirichetto (1/5 litro) e il Sospiro (1/10 litro).
Cosa c’entra il capello? La quantità di vino da rispettare in ogni recipiente, era indicata da una riga incisa nel vetro e questa riga in gergo si chiamava appunto “er capello”.
Con questa espressione si indica una situazione in cui sono troppe persone che devono prendere una decisione.
Questa espressione viene utilizzata per riferirsi ad un oggetto ormai molto vecchio o ad una persona molto anziana, ma anche ad un concetto, ad un modo di pensare.
L’origine della parola “cucco” ha 2 diverse interpretazioni: la prima si riferisce ad un fischietto in legno, uno dei primissimi giochi per bambini creati dall’uomo, la seconda sembrerebbe una trasformazione della parola Abacuc, uno dei 12 profeti d’Israele descritto come una persona estremamente anziana.
Anche in questo caso la trascrizione è abbastanza intuitiva: per farti amare, fatti desiderare!